Due ragazze mormoni in cerca di conversioni e uno psicopatico religioso sono protagonisti di questo horror psicologico che vi farà riflettere sul potere della fede
Se siete appassionati di horror questo film è per voi: inquietante e spaventosissimo senza la necessità di diventare splatter, con una trama originale e atmosfere che diventano via via sempre più soffocanti e (soprattutto nella prima parte) vi terranno inchiodati alle vostre poltrone.
Il protagonista, a sorpresa, è il campione della commedia romantica Hugh Grant, in una prova attoriale singolarissima e davvero credibile (bravo sul serio), lo affiancano due ottime comprimarie, le attrici americane Sophie Tatcher e Chloe East (lei già vista in The Fabelmans di Steven Spielberg).
Il film, che all’estero ha già debuttato incassando la cifra non disprezzabile di oltre 57 milioni di dollari, arriva nelle sale giovedì 27 febbraio. È scritto e diretto da Scott Beck e Bryan Woods, già coautori di A quiet place, prodotto da A24 e distribuito da Eagle Pictures.
Che cosa racconta
Sorella Barnes (Tatcher) e Sorella Paxton (East) sono due giovanissime missionarie mormoni che, come ogni giorno. effettuano il loro giro per incontrare possibili proseliti. L’ultimo indirizzo in agenda è una casa isolata, che le ragazze raggiungono proprio mentre sta per scoppiare una tempesta. Sarebbe forse il caso di tornare subito in Chiesa, ma ad aprire la porta è un maturo gentiluomo che sfodera il sorriso accattivante di Hugh Grant e promette loro una fetta di torta ai mirtilli e soprattutto un genuino interesse per il loro credo.
Le due ragazze si fanno convincere ad accomodarsi in salotto, tuttavia, mentre le questioni religiose poste dal loro ospite diventano sempre più strane e inquietanti, pian piano diventa chiaro che in cucina non c’è alcuna moglie intenta a sfornare torte, che la porta d’ingresso è bloccata e loro sono praticamente prigioniere. Perché il padrone di casa ha deciso di sottoporle a una sorta di crudele gioco psicologico, che ha come tema proprio la loro fede religiosa: se daranno le giuste risposte avranno in cambio la libertà.
Oltre a questo, ovviamente, non posso andare per non rovinarvi il piacere di vedere il film, sappiate solo che il finale non è così orribile come potremmo aspettarci, e lascia un’apertura alla speranza.

Perché guardarlo
Oltre alla prova di bravura di Grant, davvero eccezionale nel calarsi nei panni dello psicopatico religioso, il film riesce a creare un’atmosfera di vero panico ponendo le domande fondamentali sulle quali l’uomo si interroga da sempre.
Esiste davvero Dio? E se c’è perché permette il male? Le religioni hanno una base autentica o sono solo un modo per consolarci di fronte all’inevitabile destino che ci attende, morire e diventare nulla? Possiamo davvero credere nei miracoli? C’è una confessione superiore a tutte le altre?
Insomma: siamo in contatto con il divino o semplicemente manipolati e manipolabili?
Ho fatto molte ricerche sui serial killer e i leader delle sette religiose, volevo capire; sono nati così o a un certo punto della loro vita è capitato qualcosa di terribile?
Va detto per onestà che nella seconda parte il film perde un po’ della sua tensione per rientrare nei canoni dell’horror più standard, il che in qualche modo lo banalizza. Tuttavia, personalmente ho apprezzato l’apertura che caratterizza il finale.
Hug Grant, dal canto suo, in una intervista a Vogue America aveva raccontato: «Per prepararmi al ruolo ho fatto molte ricerche sui serial killer e sui leader delle sette religiose. Mi interessava capire com’è che diventano così, qual è l’interruttore che viene premuto a un certo punto della loro vita. Ed è stato interessante realizzare quanto spesso non ci fosse niente. La questione era importante per me: il mio personaggio è nato così o gli è successo qualcosa di terribile? E ho esitato molto su questa domanda. Ma volevo far vedere qualcosa di “scandaloso”, e infine ho deciso di fare di lui un fenomeno da baraccone».
L’ultimo consiglio, come sempre, è quello di vedere il film in lingua originale.