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Schitt’s Creek è la serie comica da recuperare subito

È la serie comica da recuperare subito, anche se in realtà è partita dieci anni fa: Schitt’s Creek, sei stagioni per un totale di 80 episodi della lunghezza di circa 20, 25 minuti, è appena sbarcata su Netflix e pronta per il binge-watching.

Che cosa racconta: Serie canadese molto premiata, creata da Eugene e Dan Levy, rispettivamente padre e figlio, che ne sono anche protagonisti, è andata in onda fino al 2020, e segue le disavventure dei Rose, una ricchissima famiglia che ha perduto improvvisamente il proprio patrimonio e si ritrova confinata in una sperduta cittadina dell’Ontario, Schitt’s Creek, per l’appunto. E già qui si può cominciare a ridere, perché “Creek” che letteralmente significa “fiume” e ricorre in moltissimi nomi di piccole città americane costruite lungo i corsi d’acqua (Silver Creek o Red Creek, e via così) associato a Schitt, che si pronuncia praticamente come “shit” ovvero mer*a, ci permette immediatamente di identificare la città come un “posto di mer*a”

Cosa che, in effetti, Schitt’s Creek, apparentemente è.

I Rose sono la classica famiglia disfunzionale ricca.

Moira è un’ex stella delle soap opera che manifesta tutte le idiosincrasie delle attrici, compresa una totale mancanza di istinto materno (la interpreta la straordinaria Catherine O’Hara, che abbiamo appena rivisto in Beetlejuice Beetlejuice, diretta da Tim Burton), suo marito Johnny (Eugene Levy) un magnate del videonoleggio col pallino del business. Il figlio maggiore David (Dan Levy) è un pansessuale maniaco dell’ordine e fissato con la moda e lo stile, la figlia Alexis, all’apposto, una viziata scavezzacollo senza cervello, pronta a condividere agghiaccianti ricordi di viaggio che farebbero rizzare i capelli a qualunque genitore (come esperienze in Sudamerica concluse nel bagagliaio di un narcotrafficante), e del suo primo bacio a Jared Leto (straordinaria anche l’attrice che la interpreta, la canadese Annie Murphy).

Quando i Rose perdono la loro casa e il patrimonio (a causa del commercialista che li ha imbrogliati per anni), l’unica cosa che resta loro è la proprietà della cittadina di Schitt’s Creek, comperata da Johnny per fare uno scherzo al figlio. E finiscono per essere ospitati gratuitamente dal sindaco della città, personaggio super invadente e assolutamente sopra le righe (un esilarante Chris Elliott) nel modestissimo motel cittadino, dove sono costretti a socializzare coi locali e a inserirsi nella comunità.

Il contrasto che ne deriva è assolutamente comico, tra i tentativi dei figli, fino a quel momento nullafacenti, di capire cos’è un lavoro e quelli del padre di rivendersi la città per riuscire ad andar via.

Perché vederla: Shitt’s Creek è una serie scritta con molta intelligenza e un gran numero di battute al vetriolo, giochi di parole, riferimenti pop (vi consiglio di guardarla in inglese, doppiata rende molto meno).

Gioca con grande sarcasmo sugli infiniti luoghi comuni del contrasto ricchi-poveri e genitori-figli e quindi fa ridere. Eppure, nello stesso tempo introduce temi più profondi, abbastanza insoliti per una sit-com, che ci parlano di umanità, empatia, coesione. Perché i Rose, costretti a vivere insieme in due stanze attigue e nonostante tutte le loro idiosincrasie, alla fine riescono ad attraversare ogni difficoltà per ritrovarsi una famiglia unita.

E in qualche modo strampalato anche a far breccia nella loro nuova comunità.

Immagine di Elisabetta Colangelo

Elisabetta Colangelo

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